Sinagoga di Kef
La Sinagoga di Kef è il luogo di culto per gli ebrei di Kef. Come quelli di altre città, questa popolazione era divisa tra commercio e artigianato e continuò, sotto il protettorato, a svolgere le proprie attività tradizionali. Secondo i conteggi del periodo tra le due guerre, il loro numero era rispettivamente: 784 nel 1921, 812 nel 1926, 897 nel 1931 e 807 nel 1936. La relativa stabilità di questi numeri fa pensare che le nuove generazioni, che avevano ricevuto un’istruzione moderna, emigrarono verso altre città, tra cui la capitale Tunisi e l’isola di Djerba.
Dopo l’ultima guerra, la popolazione ebraica di Le Kef subì un netto declino. Nel 1946, c’erano 11.246 abitanti, tra cui 9.497 musulmani tunisini, 1.077 europei di varie nazionalità e 357 ebrei tunisini. La popolazione ebraica, ridotta a un numero esiguo di famiglie, si dedicò al commercio di prodotti agricoli della regione (cereali, pelli, lana) e prodotti manifatturieri importati: tessuti, scarpe, articoli metallici. Le professioni artigiane erano rappresentate da sarti, calzolai e sellai, ma anche da fabbri. Alla vigilia dell’indipendenza tunisina, nel 1956 c’erano ancora 313 ebrei tunisini a Kef. L’ultimo ebreo keffois lasciò la città nel 1984.
La Sinagoga di Kef era oggetto di grande venerazione, non solo da parte degli ebrei della città, ma anche da tutti quelli della regione che si recavano lì in pellegrinaggio ogni anno nella settimana segnata dalla festa di Sukkot, o festa delle capanne.
Come la famosa sinagoga di Hara el-Seghira nell’isola di Djerba, questa sinagoga era chiamata al-Ghriba, che significa “isolata”, “solitaria”, “abbandonata”, ma anche “strana”, “straniera”, “straordinaria”, “meravigliosa”. Non conosciamo l’origine di questo nome e non sappiamo perché questo luogo di culto sia diventato oggetto di particolare venerazione.
Secondo gli ebrei di Le Kef, la loro sinagoga deve la sua sacralità al fatto che è stata eretta sopra la tomba di una donna di virtù e pietà esemplari (secondo le informazioni raccolte dalla signora Suzette Chemama).
Per il studioso Nahum Slouschz, la sinagoga di Kef deve la sua sacralità al fatto che originariamente si trovava non lontano dal cimitero dove i nomadi ebrei della regione venivano a seppellire i loro morti (N. Slouschz, Un voyade d’études… , pp. 20-21). La leggenda, nel frattempo, racconta la storia di tre orfani che si sarebbero separati e avrebbero fondato le tre Ghriba: Bône (Annaba) in Algeria, Kef e Djerba. Ci sono altre due Ghriba in Tunisia: ad Ariana, Ghribet Riana e a Tunisi, Ghribet El Hafsia chiamata “Lem Mdafa”.
È consuetudine praticare una “Séouda” o pellegrinaggio annuale lì. A Kef, questa Séouda si svolgeva tra le feste della Pasqua ebraica nota come “Aïd El Ftira” e Shavuot. Durava da tre a quattro giorni. Vi si portava un vitello che girava per la città, adornato con sciarpe o fazzoletti e vari collier. Veniva poi ucciso e il dorso della bestia veniva offerto ai notabili. Si preparava un enorme couscous cotto su un fuoco di legna per tutta la comunità e gli amici. I fedeli facevano donazioni di carne e semola per coprire le spese della festa e il cibo veniva distribuito gratuitamente.
Tutto questo si estinse negli anni ’80 con il graduale abbandono degli ebrei keffois. L’ultimo ebreo keffois lasciò la città nel 1984, consegnando le chiavi della sinagoga all’ASM (Associazione per la Salvaguardia della Medina). Fu restaurata dieci anni dopo dalle autorità tunisine e aperta al pubblico il 13 aprile 1994.